E’ passato un anno da quando Valentino Rossi ha visto il primo semaforo rosso spegnersi da dietro il cupolino di una Ducati.
Un debutto su una moto di cui non si è mai completamente innamorato, tanto da avere dichiarato mesi dopo “ho capito dal primo test, dopo pochi giri, che non avrei potuto vincere la prima gara”. Infatti finì 7° a 16”431 da Stoner, da cui aveva ereditato la Desmosedici. Sembravano un’eternità, l’unione peggiorò nel corso dell’anno fino a spingere gli uomini Ducati a rivoluzionare completamente il progetto MotoGP. Ieri, dopo una girandola di telai, è andata ancora peggio: 10° e 33”665 di ritardo, questa volta da Lorenzo, e ultimo delle Ducati, penultimo delle MotoGP.
Il Dottore è sfinito, ma quel che è peggio è che sembra non crederci più: “le speranze le abbiamo finite tutte lo scorso anno” innesca la miccia.
Con questa gara sembra essere finita l’era del sorriso stampato sulle labbra e dell’ottimismo a tutti i costi, il rapporto si sta incrinando e Valentino sta perdendo ogni minimo stimolo. “Nella prima parte di gara Barbera mi ha passato, con un sorpasso duro che mi ha spinto nella via di fuga, ma Hector ha solo questo obiettivo, starmi davanti, la posizioni non gli interessa. In quel momento ho pensato anche di tornare ai box e finire lì la gara, non l’ho fatto solo per rispetto ai miei meccanici, per raccogliere dati utili " afferma sconsolato. La GP12 non gli piace, come era stato con la 11 e la 11.1 prima, tanto da non rivendicarne neanche la paternità. “In Ducati non hanno seguito la strada che gli ho indicato, io non sono un ingegnere e non posso risolvere ogni problema” attacca.
Poco importa tutto il resto, che Barbera e Hayden gli siano arrivati davanti e quale sia il reale potenziale della sua moto. “Non avrebbe cambiato molto fare sesto, per me questo non è certo un obiettivo allettante, punto almeno al podio” un risultato al momento irraggiungibile. “Non riesco a guidare, vado più forte con le gomme usurate che con quelle nuove. Il posteriore spinge molto, le cose migliorano un po' solo quando gli pneumatici cominciano a scivolare. Non ho confidenza, non riesco nemmeno a fare la differenza rispetto a Nicky, che comunque dopo avere dato tutto ha preso 28 secondi da Stoner, ma a lui va bene così” ammette. Parole che pesano come macigni e infrangono quella barriera fragile che resisteva da ormai troppo tempo, quelle parole non dette e quei sorrisi di circostanza che nascondevano una realtà sempre meno celabile.
I problemi della Desmosedici “sono sempre gli stessi, come le mie richieste” ripete Valentino, che descrive una moto “inguidabile, cambia poco su quale pista ci si trovi, non riesco a inserirla in curva a frenare e neanche si può sperare che cambi tutto con le nuove gomme che porterà la Bridgestone. Non sono difetti che si possono risolvere solo con le regolazioni”. O il pilota si adatta il pilota o si rifà nuovamente la moto, la Ducati è a un bivio.
Un debutto su una moto di cui non si è mai completamente innamorato, tanto da avere dichiarato mesi dopo “ho capito dal primo test, dopo pochi giri, che non avrei potuto vincere la prima gara”. Infatti finì 7° a 16”431 da Stoner, da cui aveva ereditato la Desmosedici. Sembravano un’eternità, l’unione peggiorò nel corso dell’anno fino a spingere gli uomini Ducati a rivoluzionare completamente il progetto MotoGP. Ieri, dopo una girandola di telai, è andata ancora peggio: 10° e 33”665 di ritardo, questa volta da Lorenzo, e ultimo delle Ducati, penultimo delle MotoGP.
Il Dottore è sfinito, ma quel che è peggio è che sembra non crederci più: “le speranze le abbiamo finite tutte lo scorso anno” innesca la miccia.
Con questa gara sembra essere finita l’era del sorriso stampato sulle labbra e dell’ottimismo a tutti i costi, il rapporto si sta incrinando e Valentino sta perdendo ogni minimo stimolo. “Nella prima parte di gara Barbera mi ha passato, con un sorpasso duro che mi ha spinto nella via di fuga, ma Hector ha solo questo obiettivo, starmi davanti, la posizioni non gli interessa. In quel momento ho pensato anche di tornare ai box e finire lì la gara, non l’ho fatto solo per rispetto ai miei meccanici, per raccogliere dati utili " afferma sconsolato. La GP12 non gli piace, come era stato con la 11 e la 11.1 prima, tanto da non rivendicarne neanche la paternità. “In Ducati non hanno seguito la strada che gli ho indicato, io non sono un ingegnere e non posso risolvere ogni problema” attacca.
Poco importa tutto il resto, che Barbera e Hayden gli siano arrivati davanti e quale sia il reale potenziale della sua moto. “Non avrebbe cambiato molto fare sesto, per me questo non è certo un obiettivo allettante, punto almeno al podio” un risultato al momento irraggiungibile. “Non riesco a guidare, vado più forte con le gomme usurate che con quelle nuove. Il posteriore spinge molto, le cose migliorano un po' solo quando gli pneumatici cominciano a scivolare. Non ho confidenza, non riesco nemmeno a fare la differenza rispetto a Nicky, che comunque dopo avere dato tutto ha preso 28 secondi da Stoner, ma a lui va bene così” ammette. Parole che pesano come macigni e infrangono quella barriera fragile che resisteva da ormai troppo tempo, quelle parole non dette e quei sorrisi di circostanza che nascondevano una realtà sempre meno celabile.
I problemi della Desmosedici “sono sempre gli stessi, come le mie richieste” ripete Valentino, che descrive una moto “inguidabile, cambia poco su quale pista ci si trovi, non riesco a inserirla in curva a frenare e neanche si può sperare che cambi tutto con le nuove gomme che porterà la Bridgestone. Non sono difetti che si possono risolvere solo con le regolazioni”. O il pilota si adatta il pilota o si rifà nuovamente la moto, la Ducati è a un bivio.