Jeremy Burgess è appoggiato a una cassa fuori dai box di Laguna Seca, guarda i suoi ragazzi aprire le casse e la “casa” della GP12 per il fine settimana lentamente prende forma, con i pannelli rossi che nascondono il grigio della pareti in cemento. “Mi piace venire su questa pista – dice godendosi il sole che scalda la pelle – sono da più di vent’anni dalla prima volta che ci abbiamo corso e non è mai caduta una goccia di pioggia”. Per rendere il weekend perfetto servirebbe anche una bella prestazione di Valentino. “Io all'inizio della settimana penso sempre che lotteremo per le prime due posizioni – rivela a sorpresa – non potrei fare diversamente. Poi magari dopo il primo turno di libere cambio idea” conclude ridendo.
Il capomeccanico del Dottore guarda avanti, non fa rivelazioni sul futuro del suo pilota, ma sa cosa servirebbe per fare un passo avanti nelle prestazioni. “Quest’anno abbiamo iniziato con una moto completamente nuova – spiega – il problema è che dalla prima gara non è cambiata abbastanza. Forse si sarebbero dovuto pensare a degli step di sviluppo ravvicinati, durante la stagione. Per esempio, un nuovo telaio a Le Mans, poi al Mugello e così via. Novità importanti, che Valentino avrebbe potuto provare e dare le proprie indicazioni. Invece il telaio, che è stato realizzato assai rapidamente, è cambiato poco, nei fine settimana abbiamo raramente dei componenti inediti da provare. Per Rossi servirebbero più novità, diversi telai per esempio, ma anche altri particolari meno importanti, così che quando il pilota entra nei box e chiede: cosa c'è di nuovo? io possa dirgli: una piastra della forcella, quattro nuove viti...servirebbe per tenerlo motivato”.
Un lavoro che secondo Burgess dovrebbe iniziare rivedendo i programmi del test team, che dovrebbe essere ampliato. “La decisione di far provare anche Petrucci è buona – continua – secondo me ci vorrebbero due o tre tester. Magari si potrebbe impiegare un pilota che si è ritirato da poco, come Bayliss o Corser, capaci di dare indicazioni importanti. Non è vero che i tester debbano girare con gli stessi tempi dei piloti ufficiali, guardate quelli di Yamaha, sono gli ingegneri che devono fare la tara delle sensazioni che riportano loro in rapporto alla velocità dei singoli. Inoltre fanno comunque un grosso lavoro di sgrossamento del materiale”.
Un grosso sforzo, quello che richiede il tecnico australiano e forse anche in questo senso potrebbe dare un grosso aiuto. “E’ difficile che l’intervento dei tedeschi possa esserci in tempi brevi, penso sia necessario aspettare almeno la fine di questa stagione – ammette – ma qualcosa si può fare. Anche andare a girare su un circuito con caratteristiche diverse da quello del Mugello, come Misano, potrebbe essere una buona scelta. Poi concentrarsi di più sul telaio, una parte importantissima per le prestazioni e che richiede molto tempo. Non si può portare avanti lo sviluppo nei weekend di gara, bisogna farlo nei test”.
Burgess sfata anche il mito che Valentino stia provando nuove soluzioni o parti nelle prove libere, per giustificare il fatto che sia spesso lontano dai tempi di Hayden. “Semplicemente è il metodo di lavoro che è diverso – sottolinea – Rossi pensa sempre in ottica di gara, non gli interessa trovare la messa a punto migliore per un giro secco, ma per il passo. In Ducati vogliono giustamente risultati e quelli si ottengono solo la domenica. Non ha senso partire in prima fila se poi non riesci a tenere il ritmo per tutta la gara”.
Lo sguardo dell’australiano non si ferma però solo alla stagione in corso, né al box Ducati. Lo preoccupa anche il futuro di un campionato che vede in difficoltà. “La MotoGP dovrebbe essere il vertice di una piramide che ha per base i campionati nazionali, e in mezzo le due classi minori – illustra – invece non è così. La MotoGP è sì la punta, ma di una piramide rovesciata, sotto di lei non esiste nulla. Non tutti i piloti hanno le capacità fisiche per guidare una mille, bisognerebbe dare loro l’opportunità di fare la loro carriera nelle classi minori che dovrebbero avere una loro importanza”. Burgess guarda al passato per trovare una soluzione. “Una volta potevi correre nei campionati nazionali con moto simili a quelle usate nel mondiale – ricorsa - e potevi partecipare da wild card a qualche gara iridata, potevi vivere un sogno. Adesso non puoi più, le CRT non esistono neanche fuori dal mondiale”.
Burgess azzarda un ipotesi: “prendiamo una cilindrata di riferimento, per esempio la 600 e costruiamoci attorno tutti i campionati. Nella MotoGP ci saranno pochissimi limiti per i propulsori e man mano che si scende invece saranno sempre di più, fino alla stock – propone – Così un pilota potrà formarsi fin dall’inizio e crescere gradino dopo gradino, senza salti”.
Forse solo un sogno, ma che in una splendida giornata di luglio in un dei circuiti più belli del mondo, tutto sembra possibile.
Il capomeccanico del Dottore guarda avanti, non fa rivelazioni sul futuro del suo pilota, ma sa cosa servirebbe per fare un passo avanti nelle prestazioni. “Quest’anno abbiamo iniziato con una moto completamente nuova – spiega – il problema è che dalla prima gara non è cambiata abbastanza. Forse si sarebbero dovuto pensare a degli step di sviluppo ravvicinati, durante la stagione. Per esempio, un nuovo telaio a Le Mans, poi al Mugello e così via. Novità importanti, che Valentino avrebbe potuto provare e dare le proprie indicazioni. Invece il telaio, che è stato realizzato assai rapidamente, è cambiato poco, nei fine settimana abbiamo raramente dei componenti inediti da provare. Per Rossi servirebbero più novità, diversi telai per esempio, ma anche altri particolari meno importanti, così che quando il pilota entra nei box e chiede: cosa c'è di nuovo? io possa dirgli: una piastra della forcella, quattro nuove viti...servirebbe per tenerlo motivato”.
Un lavoro che secondo Burgess dovrebbe iniziare rivedendo i programmi del test team, che dovrebbe essere ampliato. “La decisione di far provare anche Petrucci è buona – continua – secondo me ci vorrebbero due o tre tester. Magari si potrebbe impiegare un pilota che si è ritirato da poco, come Bayliss o Corser, capaci di dare indicazioni importanti. Non è vero che i tester debbano girare con gli stessi tempi dei piloti ufficiali, guardate quelli di Yamaha, sono gli ingegneri che devono fare la tara delle sensazioni che riportano loro in rapporto alla velocità dei singoli. Inoltre fanno comunque un grosso lavoro di sgrossamento del materiale”.
Un grosso sforzo, quello che richiede il tecnico australiano e forse anche in questo senso potrebbe dare un grosso aiuto. “E’ difficile che l’intervento dei tedeschi possa esserci in tempi brevi, penso sia necessario aspettare almeno la fine di questa stagione – ammette – ma qualcosa si può fare. Anche andare a girare su un circuito con caratteristiche diverse da quello del Mugello, come Misano, potrebbe essere una buona scelta. Poi concentrarsi di più sul telaio, una parte importantissima per le prestazioni e che richiede molto tempo. Non si può portare avanti lo sviluppo nei weekend di gara, bisogna farlo nei test”.
Burgess sfata anche il mito che Valentino stia provando nuove soluzioni o parti nelle prove libere, per giustificare il fatto che sia spesso lontano dai tempi di Hayden. “Semplicemente è il metodo di lavoro che è diverso – sottolinea – Rossi pensa sempre in ottica di gara, non gli interessa trovare la messa a punto migliore per un giro secco, ma per il passo. In Ducati vogliono giustamente risultati e quelli si ottengono solo la domenica. Non ha senso partire in prima fila se poi non riesci a tenere il ritmo per tutta la gara”.
Lo sguardo dell’australiano non si ferma però solo alla stagione in corso, né al box Ducati. Lo preoccupa anche il futuro di un campionato che vede in difficoltà. “La MotoGP dovrebbe essere il vertice di una piramide che ha per base i campionati nazionali, e in mezzo le due classi minori – illustra – invece non è così. La MotoGP è sì la punta, ma di una piramide rovesciata, sotto di lei non esiste nulla. Non tutti i piloti hanno le capacità fisiche per guidare una mille, bisognerebbe dare loro l’opportunità di fare la loro carriera nelle classi minori che dovrebbero avere una loro importanza”. Burgess guarda al passato per trovare una soluzione. “Una volta potevi correre nei campionati nazionali con moto simili a quelle usate nel mondiale – ricorsa - e potevi partecipare da wild card a qualche gara iridata, potevi vivere un sogno. Adesso non puoi più, le CRT non esistono neanche fuori dal mondiale”.
Burgess azzarda un ipotesi: “prendiamo una cilindrata di riferimento, per esempio la 600 e costruiamoci attorno tutti i campionati. Nella MotoGP ci saranno pochissimi limiti per i propulsori e man mano che si scende invece saranno sempre di più, fino alla stock – propone – Così un pilota potrà formarsi fin dall’inizio e crescere gradino dopo gradino, senza salti”.
Forse solo un sogno, ma che in una splendida giornata di luglio in un dei circuiti più belli del mondo, tutto sembra possibile.